Articolo a cura del Dott. Giancarlo Pasetti, specialista in malattie infettive ed epatologia
La steatosi epatica, infarcimento grasso delle cellule epatiche, è di frequente riscontro all’ecografia addominale (> 50 % nella popolazione generale) e spesso si associa ad alterazioni delle transaminasi.
Il riscontro di questo tipo di alterazioni, di norma in soggetti asintomatici, è un campanello di allarme che deve seguito da un iter diagnostico di tipo clinico, laboratoristico e strumentale messo in atto per identificare la causa e l’entità del danno epatico.
Le cause più conosciute di epatopatia steatosica sono i virus epatitici HBV e HCV (genotipo3) e il consumo di alcool; per questo tipo di patologie abbiamo a disposizione specifici markers diagnostici ed efficaci terapie.
Meno risaputo è che la steatosi epatica non alcoolica, definita ormai comunemente con l’acronimo inglese NAFLD (non alcoholic fatty liver disease), è la causa più frequente (dal 45% al 70%) di epatopatia non virus, non alcool correlata.
La NAFDL è risultata essere strettamente associata all’insulino-resistenza, una condizione caratterizzata da una minore efficacia dell’insulina a livello dei recettori dei tessuti, che deterrmina un’alterazione globale del metabolismo dei lipidi ed in particolare un aumento dei trigliceridi. Varie e non tutte note le cause che determinano insulino-resistenza: esistono fattori predisponenti di tipo genetico, ma fattore importante è senz’altro lo stile di vita, in particolare una dieta ipercalorica e/o una scarsa attività fisica.
L’insulino-resistenza contribuisce quindi non solo alla patogenesi della steatosi epatica non alcolica, che sta diventando la causa più comune di epatopatia nei paesi industrializzati come il nostro, ma anche alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2, dell’obesità, dell’ipertensione arteriosa: tutte patologie in rapido aumento per abitudini alimentari non corrette e sedentarietà e purtroppo correlate ad un aumentato rischio di mortalità per eventi cardiovascolari.
Negli ultimi anni numerosi studi comparsi in letteratura hanno costretto a riconsiderare il concetto di steatosi epatica come patologia benigna e reversibile: le conoscenze più recenti hanno confermato che la steatosi epatica semplice in un percentuale variabile dal 15 al 30% può evolvere verso una forma di steato-epatite non alcolica (NASH), che è caratterizzata dall’associazione di accumulo di grasso nell’epatocita e da manifestazioni necrotico-infiammatorie e frequentemente fibrotiche; questo può comportare un’evolutività del danno epatico verso la cirrosi (> 20%) e a tutte le sue complicanze, compreso l’epatocarcinoma (25%).
L’iter diagnostico di NAFLD comporta quindi:
- Esclusione di cause di danno epatico da alcol, droghe, farmaci, infezione da HBVe HCV, fenomeni autoimmunitari e sovraccarico di ferro
- Valutazione di fattori rischio come obesità, diabete, dislipidemia congenita
Monitoraggio ogni 6-12 mesi degli indici epatici e dell’ecografia; se sono presenti all’ecografia fibrosi e/o ipertensione portale è importante monitorare la presenza di varici esofagee.
Dal punto di vista terapeutico, se necessario, bisogna instaurare le terapie specifiche mirate alla stabilizzazione dei valori pressori del profilo lipidico e glicemico, mentre è sempre utile consigliare esercizio fisico, che indipendentemente dalla perdita di peso, comporta miglioramento dell’insulino-resistenza e della funzionalità epatica, assoluta astensione dall’assunzione di alcolici e dieta ipo-normocalorica.
Bibliografia
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