A cura del Dott. Leone Arsenio, presidente della commissione organizzatrice
L’obesità è considerato il maggiore problema sanitario nei paesi industrializzati.
Secondo un’analisi effettuata dal Global burden of metabolic risk factors of chronic diseases collaborating group di Boston, su soggetti adulti residenti in 199 Paesi e 9,1 milioni di partecipanti, tra il 1980 e il 2008, la media mondiale del BMI è aumentata di 0,4 kg/m2 per decade negli uomini e di 0,5 kg/m2 per decade nelle donne e, nel complesso, si calcola che, nel 2008, in tutto il mondo vi siano 1,46 miliardi di adulti con BMI =/>25 kg/m2, dei quali obesi 205 milioni di uomini e 297 milioni di donne (Finucane MM, Stevens GA, Cowan MJ, et al. National, regional, and global trends in body-mass index since 1980: systematic analysis of health examination surveys and epidemiological studies with 960 country-years and 9.1 million participants. The Lancet. 2011; Feb 12;377(9765):557-567).
Secondo il report “Health at a Glance Europe 2010”, messo a punto dall’OCSE e dalla Commissione europea oltre la metà degli abitanti del Vecchio Continente è in sovrappeso, con un tasso di obesità che è addirittura raddoppiato negli ultimi 20 anni nella maggior parte degli Stati membri dell’UE.
A preoccupare sono soprattutto i più piccoli: è tra i bambini, infatti, che l’obesità si configura come una vera e propria epidemia, soprattutto in Italia, con un gradiente nord-sud.
Un bambino su 7 in Europa è sovrappeso o obeso, e la situazione sembra peggiorare di anno in anno. E’ necessario invertire la rotta, proprio partendo dai bambini, incoraggiando i piccoli ad adottare abitudini sane. La Cochrane ha pubblicato una revisione sistematica aggiornata mirata alla definizione dell’efficacia degli interventi sulla prevenzione dell’obesità infantile nelle scuole australiane e la meta-analisi ha concluso enfatizzando la presenza di una forte evidenza a sostegno degli effetti benefici, in particolare per i programmi rivolti ai bambini dai 6ai 12 anni. Gli errori non sono commessi soltanto a tavola: solo un bimbo europeo su cinque, ad esempio, fa costantemente attività fisica, con un’ulteriore netta riduzione a 11 anni.
Le contromisure nascono da alcuni assiomi di economia sanitaria, tra i quali: una strategia basata su più interventi genera guadagni di salute sostanzialmente maggiori di azioni individuali, e spesso con un profilo costo/efficacia più favorevole; gli interventi regolatori sui prezzi possono produrre i più ampi guadagni di salute nel più breve tempo possibile; i guadagni di salute ottenuti da interventi mirati ai bambini necessitano di tempi lunghi, per questo la regolamentazione della pubblicità degli alimenti rivolta ai più piccoli può essere molto più efficace della promozione della salute su base scolastica.
Le politiche di prevenzione dell’obesità che si ritiene possano generare sostanziali guadagni di salute per una popolazione, potendosi ripagare da sole in modo totale attraverso future riduzioni della spesa sanitaria, sono:
- strategie di comunicazione e di informazione sanitaria volte a migliorare la consapevolezza della popolazione riguardo ai benefici di un’alimentazione sana e di una regolare attività fisica.
- misure fiscali per determinare, da un lato, l’aumento dei prezzi dei cibi con ingredienti non salutari e, dall’altro, ridurre il costo di alimenti sani ricchi di fibre. Secondo un team dell’Università della California a San Francisco (Usa), il consumo di zucchero dovrebbe essere regolamentato con l’aiuto di una tassa ad hoc, perché il suo consumo è triplicato negli ultimi 50 anni; Danimarca e Ungheria hanno tassato i grassi saturi, mentre la Francia ha approvato una tassa sui soft drink.
- normative atte a potenziare l’informazione nutrizionale o limitare il mercato degli alimenti non salutari per i bambini. Se, infatti la patogenesi dell’obesità è connessa a scorrette abitudini di vita, la patologia a sua volta è connessa alle quattro più diffuse patologie croniche: cancro, diabete, malattie respiratorie e cardiovascolari (M. Cecchini et al, Takling of unhealthy diets, physical inactivity, and obesity: health effects and cost-effectiveness. Lancet 376, nov. 20, 2010).
Un’analisi dei costi basata sui principali registri su obesità e sovrappeso, ha confermato che il management dei principali fattori di rischio cardiovascolari è tanto più dispendioso quanto più aumenta il grado di obesità dei pazienti. I dati, presentati in Florida in occasione del Congresso Internazionale sull’obesità hanno confermato che in soggetti con BMI maggiore di 35 e multipli fattori di rischio, la spesa media per il controllo degli stessi è stata in media di 3.600 dollari, contro 2.700 dollari per pazienti con BMI compresi. compresi tra 30 e 35, 2.000 dollari per BMI compresi tra 30 e 27 e “soltanto” 1.700 dollari per BMI compresi tra 27 e 25 (Obesity 2011; October 1-5; Orlando FL. Abstract 830-P).
Le manifestazioni si concludono con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, con cui quest’anno terminano le quasi due settimane dedicate al “pianeta” cibo e a tutto quello che è collegato, coinvolgendo oltre al mondo sanitario, quello politico, economico, sociale, culturale e religioso, può rappresentare una risposta adeguata, anche se non sufficiente, e questo è l’Obesity Week.