Articolo a cura del Dott. Roberto Rizzoli, radiologo
Il nome esteso è “Mineralogia ossea computerizzata”, meglio conosciuta come MOC. Una pratica diagnostica piuttosto diffusa negli anni per identificare l’osteoporosi. Indolore, non invasiva, sicura (l’esposizione alle radiazioni è bassissima).
La MOC non è che una valutazione quantitativa della densità minerale dell’osso, soggetta a lente modificazioni nel tempo. In particolare nelle donne perché i cambiamenti ormonali della menopausa a lungo andare favoriscono la fragilità delle ossa. Anche chi assume per periodi prolungati alcuni farmaci come i cortisonici e chi soffre di malattie come l’ipertiroidismo è più esposto al rischio di fratture. Allo stesso modo possono essere considerati soggetti a rischio coloro che soffrono di anoressia o sono troppo magri, le donne che hanno trascorso uno o più anni senza mestruazioni e chi ha gravi problemi di assorbimento intestinale.
L’osteoporosi è una patologia sistemica dello scheletro caratterizzata proprio da una ridotta densità minerale ossea. Tale malattia rende le ossa più porose e meno compatte portando a una maggiore fragilità che porta a un più alto rischio di fratture anche nel caso di traumi minimi.
Le ossa, infatti, sono un tessuto vivo che si modifica e si separa nel tempo, processo che prende il nome di rimodellamento osseo: il calcio viene aggiunto o rimosso, adattandosi alle esigenze funzionali delle varie età. Quando l’equilibrio tra “demolizione” e “costruzione” si rompe, lo spessore e la densità dell’osso diminuiscono dando origine all’osteoporosi.
Le conseguenze sono piuttosto serie, prime fra tutte, come si è detto, le fratture ossee e costituiscono l’evento clinico più rilevante e interessano in particolare il polso, la colonna vertebrale e l’anca.
La MOC si rivela, quindi, utile per un quadro generico sullo stato delle ossa stesse, valutandone la densità in diversi punti. La tecnica più affidabile è detta Dexa e utilizza i raggi X ed è utile ripeterla ogni due anni. La MOC risulta, invece, ininfluente e poco indicata per gli over 70. In questi soggetti il rischio di fratture non dipende tanto dalla densità ossea, anche se diminuita, ma da altri fattori, ad esempio i disturbi dell’equilibrio e della vista e il rallentamento del tono neuromuscolare.
Per la definizione del quadro diagnostico si utilizzano due indici: il T-score e lo Z-score, validi per il confronto dei valori di Bmd (Bone Mineral Density) di un determinato soggetto con i valori medi di riferimento. Un valore negativo di T-score e Z-score indica che il soggetto è sotto la media, quindi con maggior rischio di fratture. Generalmente il T-score viene utilizzato in soggetti di età superiore ai 30 anni, mentre lo Z-score viene usato in soggetti da 0 a 30 anni. Basandosi sulle indicazioni dell’OMS rientrano nella norma tutti coloro in cui il T-score non è inferiore a -1.
Estratto da “Il Magazine del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati” Luglio 2014