Articolo a cura di Tommaso Rossi, ginecologo
Applica e studia le tecniche per riconoscere la normalità o la presenza di anomalie nel feto: la diagnostica prenatale è la porta di accesso a una vita che verrà. Grazie a questo strumento d’indagine è possibile conoscere lo stato di salute di un feto. E, in alcuni, casi, intervenire tempestivamente.
È grazie alla diagnostica prenatale che oggi, nel corso della gravidanza, è possibile ottenere informazioni sulle condizioni di salute del feto, eseguendo una serie di accertamenti che indagano due grandi aree patologiche: malformative e cromosomiche. Con uno scopo ben preciso. Anzi, tre:
- Attivare tempestivamente un trattamento medico o chirurgico di una condizione prima o dopo la nascita.
- Dare ai genitori la possibilità di decidere se proseguire o interrompere una gravidanza secondo i termini di legge.
- Dare ai genitori la possibilità di “prepararsi” alla nascita di un bambino con un problema di salute o disabilità.
Le malformazioni fetali
Sono difetti di tipo strutturale, funzionale o di posizione di uno o più organi che pertanto risultano diversi da quelli normali. Le malformazioni congenite, considerate singolarmente, sono solitamente degli esiti avversi rari della riproduzione. Quando però vengono considerate nel loro insieme assumono numeri importanti rivestendo un notevole interesse in termini di sanità pubblica.
Si stima che la prevalenza complessiva alla nascita (casi con malformazioni congenite diagnosticati entro la prima settimana di vita) sia intorno al 2% (1:50), e quando si considerano i casi di malformazioni diagnosticati entro il primo anno di vita questa percentuale sale al 5-6%.
La tecnica che consente di individuare le patologie malformative è rappresentata dall’ecografia prenatale, ovvero il monitoraggio della gravidanza mediante ultrasuoni, tecnica di diagnosi non invasiva più importante e diffusa. Viene impiegata per monitorizzare lo sviluppo dell’embrione e del feto, verificarne il benessere, seguire l’evoluzione della gravidanza e come supporto alle indagini che prevedono l’acquisizione di tessuti fetali.
Nel corso della gravidanza dovrebbero essere eseguite almeno tre ecografie, una in ciascuno dei trimestri, di cui quella più nota è l’ecografia morfologica, ossia l’ecografia che viene eseguita intorno alla ventesima settimana di gestazione. La letteratura scientifica consente di affermare che un esame ecografico eseguito intorno alla ventesima settimana di gravidanza permette di individuare circa il 60-80% delle malformazioni maggiori. Pertanto l’accuratezza dell’esame ecografico non è assoluta e non raggiunge mai il 100%. È, quindi, importante che la coppia si sottoponga ad ulteriori controlli ecografici (ad esempio nel III trimestre) che hanno la finalità non solo di valutare l’accrescimento del feto, ma anche di rivalutare l’anatomia degli organi principali per escludere una quota di malformazioni a comparsa tardiva.
Le anomalie cromosomiche fetali
I cromosomi (che nella specie umana sono 46) sono strutture che si trovano nelle nostre cellule e sono responsabili del mantenimento e della trasmissione delle caratteristiche ereditarie dell’organismo. Le anomalie cromosomiche sono difetti che riguardano il numero o la struttura dei cromosomi. Una delle anomalie cromosomiche più note e più frequenti è la Sindrome di Down causata dalla presenza di un cromosoma 21 in eccesso (3 cromosomi 21 anziché 2 cromosomi e per questo definita trisomia 21).
Per studiare il nostro patrimonio genetico esistono diverse metodiche suddivisibili in 2 grandi famiglie: i test diagnostici e i test di screening. Storicamente i primi test sviluppati sono stati quelli diagnostici: villocentesi e amniocentesi.
Il termine diagnostico viene applicato a tutti quegli esami che definiscono con certezza la presenza o assenza di patologia e che normalmente vengono utilizzati su pazienti sintomatiche o a rischio di patologia. I test diagnostici sono definiti anche tecniche “invasive” in quanto prevedono un prelievo di materiale fetale (per la villocentesi alcuni frammenti di placenta mentre per l’amniocentesi di liquido amniotico) mediante inserimento di un ago sottile guidato dall’ecografia. Sia la villocentesi che l’amniocentesi sono probabilmente associate ad un piccolo aumento del rischio di aborto che consideriamo sovrapponibili. Tradizionalmente questo rischio è stato stimato intorno ad 1 caso su 100 (1%), ma studi recenti suggeriscono valori molto più bassi, 1 caso su 1000 (0,1%).
Nel caso in cui una coppia desideri avere delle informazioni sulle principali anomalie cromosomiche (ma non su tutto il patrimonio genetico), senza incrementare il rischio di aborto può decidere di sottoporsi ad un test di screening.
Il termine screening significa “ricerca” e tale definizione viene applicata a tutti gli esami che cercano di individuare nella popolazione generale, un gruppo di pazienti in gravidanza a rischio per anomalie cromosomiche.
I test attualmente disponibili sono due:
- Test combinato (translucenza nucale + bitest) che consiste nella combinazione di un’ecografia fetale associata ad un prelievo ematico materno intorno alla 12 settimana di gravidanza.
- Ricerca del DNA fetale nel sangue materno, un semplice prelievo di sangue materno che si esegue dalla 10 settimana di gravidanza che consente di isolare e analizzare il DNA del feto.
Entrambi i test, in relazione ai cromosomi studiati, presentano un elevato indice di attendibilità (dal 90% al 90%) ma presentano come limite principale il numero di cromosomi indagati e il ricorso in caso di positività del test all’esecuzione di un’indagine invasiva di conferma o esclusione della patologia in esame.
Un test di screening positivo non implica necessariamente una patologia cromosomica e un test negativo non la esclude del tutto anche se l’affidabilità di questi test è elevata. Ad oggi, quindi, il panorama degli accertamenti eseguibili in gravidanza, se da un lato fornisce maggiori informazioni sullo stato di salute di un feto dall’altro rischia di creare confusione nel percorso di gravidanza. È fondamentale quindi che la scelta di una coppia sia accompagnata da un colloquio con uno specialista, in cui vengano spiegati con chiarezza i limiti e le conseguenze di quello che si sta facendo.
Estratto da “Il Magazine del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati” Settembre 2015